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Maggiolino da museo… di arte popolare


Maggiolino in Italia, Kaefer in Germania, Coccinelle in Francia, Beetle nei paesi di lingua inglese, Fusca in Brasile, Vocho in Messico dove l’ultimo dei circa 22milioni di esemplari che hanno invaso il mondo uscì dalla fabbrica nel giugno 2003.

Più che un’auto il Maggiolino Volkswagen è un mito popolare. Nell’accezione più universale del termine. Non per nulla un esemplare ‘decorato’ da due famiglie di nativi messicani di etnia ‘Huichol’ con più di 2 milioni di perline colorate, 16 chili di resina, tessuti, resina, vernice e 4760 ore di lavoro è entrato qualche giorno fa nel Museo di arte popolare di Città del Messico dal quale nel 2011 partirà per un tour nel paese.

Certo non è l’auto più semplice da guidare. Lo dico per esperienza personale. Il ricordo più traumatico risale a molti anni fa quando mio padre mi portò fuori per una delle mie prime lezioni di guida. Fermò il Maggiolone di casa (da noi familiarmente chiamato Gelsomina) in salita, mi fece sedere al posto di guida e mi disse: “Falla partire e portala in cima senza farla spegnere. Quando ci riuscirai avrai imparato a guidare“. Era vero. Ma io ci misi un bel po’ a realizzare l’impresa.

Lezioni di guida a parte nei miei ricordi di bambina e pure da adulta (ce ne sono ancora più di un paio ben sistemati in garage) Maggiolini e Maggioloni hanno sempre occupato un posto di riguardo. Per questo sono sempre molto curiosa quando mi imbatto in variazioni sul tema dell’unico ‘buon ricordo‘ lasciato in dono da Adolf Hitler alle future generazioni. Per chi non lo sapesse il Kaefer, o Vw Type 1 come si chiamava in origine, fu un desiderio del Fuhrer che nel 1934 commissionò all’ing. Ferdinand Porsche
la realizzazione di un’auto che potesse raggiungere i 100 km all’ora, che non consumasse più di 1 litro di benzina per 7 km, che potesse trasportare due adulti e tre bambini e che costasse meno di 1000 marchi. Nel 1938, la “macchina del popolo” o Volkswagen, era nata e fu presentata con tutti gli onori col nome di KDF Wagen (Kraft Durch Freude Wagen), ovvero “Auto della forza attraverso la gioia” al Salone dell’auto di Berlino del 1939.

Ma se il Maggiolino è diventato quel mito che è oggi lo si deve a un inglese, il maggiore Ivan Hirst. A lui era stato affidato il compito della demolizione della fabbrica di Wolfsburg dove sulla scocca del Vw Type 1 – mai messo in produzione fino a quel momento – venivano prodotte le vetture belliche dell’esercito tedesco. Il maggiore fu affascinato dal progetto di Porsche e scommise sulla fabbrica di Wolfsburg che salvò dalla demolizione ponendo le basi per la nascita del ‘mito’ che ognuno ha poi declinato a piacimento sin dai tempi del disneyano ed imitatissimo “Herbie“.

Del resto a subire il fascino del Maggiolino non è solo il popolo. Celeste Moratti, figlia del presidente nerazzurro Massimo ha ‘costretto’ il padre a guidare un Maggiolone 1302 per accompagnarla all’altare. Il cantante milanese Tao da due anni gira l’Italia a bordo di un pulmino Volkswagen trasformato in palco per concerti live per un tour denominato con chiaro riferimento ai ‘Figli dei fiori’, Tao Love Experience.

E pure la signora Oprah Winfrey, tra le donne più influenti degli Stati Uniti, se ne è detta innamorata tenendo a battesimo meno di un mese fa il teaser della nuova versione del New Beetle in uscita a maggio 2011.

Maggiolino da museo… di arte popolare ultima modifica: 2010-12-12T18:55:00+01:00 da Mariella Caruso

Pubblicato il 12-12-2010  

Sull'autore

Mariella Caruso

Giornalista professionista per il settimanale Telesette, mamma e nonna. Vado in giro, incontro gente e qui racconto di me, del cibo che assaggio e cucino, della gente che incontro e della mia Sicilia

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