Food & wine

Perché rinunciare a granita e brioche a Milano?

Sant’Agata sorride bonaria dalla parete dietro il bancone della tavola calda. Sembra benedire tutto quel ben di Dio che occhieggia a chiunque varchi la porta d’ingresso che sta in cima a tre scalini, quasi nascosta da qualche albero. Arancini, cartocciate, cipolline, bombe… leccornie praticamente sconosciute in questo angolo di Milano poco distante dalla multietnica via Padova (siamo in via Teodosio 85) ma che trovano lo stesso una loro sublimazione insieme con le più che originali granite con brioche, cornetti e pure iris.

Quelli della tradizione, fatti ancora con la doppia lavorazione della pasta”, puntualizza la signora Jolanda. E’ lei da due anni l’anima di questo pezzo di Catania infrattato tra le arterie della zona est di Milano, anche se ‘La Siciliana’– così si chiama questo bar, pasticceria, tavola calda con l’immancabile gastronomia della domenica – che nell’insegna recita anche ‘dal 1956’ in senso stretto è di due dei suoi figli, Paolo e Alessio, 24 e 26 anni.

Quel 1956 è un gioco che si rifà al mio anno di nascita”, sorride la signora Jolanda che è nata a Catania tre metri dal mare, in una di quelle case basse che rendono pittoresco e fuori dal tempo il porticciolo di Ognina. Quel mare le manca anche se ormai sono trascorsi 22 anni dal suo trasferimento a Milano dove dieci anni fa è nato Emanuele, il suo terzo figlio.

Volevo dare un futuro diverso ai miei figli”, racconta. Una storia comune a tanti meridionali che da due anni si è trasformata in una piccola favola perché i cannoli, le cassate e, soprattutto, la granita della ‘Siciliana’ sono diventati dei piccoli cult. Anche se tra i milanesi c’è chi la granita non riesce proprio a mangiarla con la brioche e la panna – “ancora montata a mano e io personalmente spiego ai clienti come ‘pucciarla’ (intingere la brioche dentro la granita, ndr) ” – e gli affianca un pezzo di tavola calda o di pizza. Comportamento che farebbe inorridire qualunque catanese.

Poco male, qua è tutto genuino”, afferma con risolutezza il primo pasticcere Alfonso, 59 anni, da 40 anni dedito al mestiere imparato nel quartiere di Picanello, sempre a Catania. “E’ stata la signora Jolanda a volermi qua e io ho accettato di buon grado. Torno a Gravina di Catania, dove vive parte della mia famiglia, soltanto per le vacanze”, racconta il signor Alfonso che ogni domenica mattina deve lasciare campo libero in cucina alla ‘titolare’ che si diletta nella preparazione della gastronomia.

Ed è un delirio di pasta al forno, polpettoni, parmigiana, peperoni ripieni e involtini di melanzana che vanno a ruba tanto che la prenotazione è obbligatoria. “Contrariamente a quello che si possa pensare i miei clienti non sono meridionali – conclude la signora Jolandama quasi tutti milanesi che amano la nostra pasticceria e poi hanno imparato a gustare anche tutto il resto”.

Nel resto sono comprese tutte quelle specialità catanesi stagionali – le olivette verdi nei giorni di Sant’Agata, rame di Napoli, totò, bersaglieri e regina in quelli delle festività dei defunti, le crispelle all’uso dei benedettini per San Giuseppe e le immancabili scacciate nel periodo natalizio – che fanno passare la nostalgia alla signora Jolanda e ‘catanesizzano’ un po’ questo angolo di Milano.

Perché rinunciare a granita e brioche a Milano? ultima modifica: 2010-11-30T21:35:00+01:00 da Mariella Caruso

Pubblicato il 30-11-2010  

Sull'autore

Mariella Caruso

Giornalista professionista per il settimanale Telesette, mamma e nonna. Vado in giro, incontro gente e qui racconto di me, del cibo che assaggio e cucino, della gente che incontro e della mia Sicilia

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