Food & wine

A Milano è tutto brioche (ma non dovrebbe)

Croissant, cornetto e brioche non sono sinonimi. E no, non basta chiamarli tutti «brioche». Un po’ di chiarezza, col sorriso e con il burro

Chiedi un cornetto a Milano e ti rispondono con una smorfia compassionevole. Qui è tutto brioche: vuota, integrale, vegana e via dicendo. Anche quando quello che ti offrono non è – oggettivamente – una brioche. Nel lessico meneghino del bar, «brioche» è una parola jolly con cui la gente chiama qualunque cosa accompagni il cappuccio o il caffè del mattino. E finché si tratta del bar sotto casa, si può abbozzare e farselo andar bene. Ma non oltre…

Per fortuna, nelle pasticcerie in cui la qualità comincia a farsi strada, le cose stanno cambiando anche a Milano. E non parliamo solo di quelle che si chiamano lab, atelier per piacere agli algoritmi dei social o ai guru del marketing. Vale anche per quelle che, senza svolazzamenti lessicali, usano ingredienti di qualità, il lievito (di birra o madre) con cognizione di causa e non contemplano la pratica di infornare una brioche abbattuta, a meno che non sia stata preparata nel loro laboratorio.

Perché oggi, finalmente, si torna a fare educazione. Lo fanno i pasticcieri, lo fanno le nuove bakery che raccontano il contenuto della vetrina e parlano di croissant, cornetti e ogni altra variante (al momento a fare trend è il pan suisse, ma è un’altra storia). Finalmente, quindi, c’è chi ha deciso che non vende più una «brioche alla crema», se questa è fatta con pâte levée feuilletée, ovvero pasta sfoglia lievitata, burro buono e pieghe da manuale… ma un croissant.

Croissant de L’Ile Douce (Milano)

Il croissant: burro, pieghe e briciole ovunque

Il croissant – sì, chiamiamolo con il suo nome – è un prodotto di sfoglia, senza uova né aromi, con tanto burro (se non ne amate il sapore, non ordinatelo) e un morso che scricchiola. Se non lascia briciole ovunque, non è un croissant: vi stanno prendendo in giro! È l’ideale per chi ama la colazione asciutta, da intingere senza disastri. Non profuma di vaniglia, ma solo di burro. Quando è fatto bene, non serve altro. Di certo non la crema, che però potete aggiungere. Così come il prosciutto, perché il croissant – tipico delle boulangerie – ha un sapore neutro e poco zuccherato che si presta perfettamente anche al salato.

Il cornetto: più morbido, più profumato, più bar

Il cornetto, invece, è il suo parente più morbido. Dentro ha uova, zucchero, un po’ di latte e spesso è aromatizzato. È dorato, profumato, accogliente. Perfetto per essere farcito, spolverato, glassato. È quello che «me lo scalda un attimo?», quello che consola. Ha un’identità italiana ben precisa, ed è un peccato che qualcuno lo francesizzi per renderlo più interessante.

Brioche col tuppo

La brioche vera: parola di siciliana

E poi c’è la brioche. Quella vera. Io sono siciliana, e so bene cos’è una brioche. È quella, col tuppo o meno, che affonda nella granita e resiste alle mattinate più afose. È quella che ha una pasta compatta, profumata, piena di uova e burro (anche in questo caso c’è chi la impoverisce togliendo il latte o le uova, ma è un’eresia). Non sfoglia, non si stratifica. E va mangiata con le mani, senza troppe storie.

Perché chiamarli col loro nome non è una fissazione da puristi

Quindi sì: a Milano è tutto brioche. Ma non è detto che debba restare così. Le parole contano, soprattutto quando raccontano un mestiere. E chiamare le cose con il loro nome non è pedanteria, è fiducia. Verso chi le fa, e verso chi le mangia.

A Milano è tutto brioche (ma non dovrebbe) ultima modifica: 2025-04-30T22:19:10+02:00 da Mariella Caruso

Pubblicato il 30-04-2025  

Sull'autore

Mariella Caruso

Giornalista professionista, ufficio stampa per Pradivio Pr, mamma e nonna. Vado in giro e qui racconto di me, del cibo che assaggio e cucino, della gente che incontro, di ciò che mi interessa e della mia Sicilia

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